Un lavoro ben fatto
Nel cercare una volta al mese un articolo scientifico nel settore delle dipendenze che sia valido e di interesse generale, non stantìo, e che sia leggibile gratuitamente, mi sono imbattuto in una pagina web che, pur non provenendo dall’ufficio editoriale di una rivista accreditata, mi pare non abbia nulla da invidiare a quelle censite su PubMed.
Si intitola “The Neuroscience of Addiction: Application to Clinical Practice”. È l’opera di uno psichiatra australiano, Sanil Rege, fondatore di un sito di aggiornamento in psichiatria, “Psych Scene Hub”, e titolare di un centro clinico.
La pagina in lingua originale è disponibile in https://psychscenehub.com/psychinsights/neuroscience-of-addiction/ e la traduzione automatizzata in italiano (grazie a Google traduttore) in https://psychscenehub-com.translate.goog/psychinsights/neuroscience-of-addiction/?_x_tr_sl=auto&_x_tr_tl=scn&_x_tr_hl=it&_x_tr_pto=wapp .
Il dott. Rege nella sua trattazione sulla neuroscienza delle dipendenze parte dal valore evolutivo e adattativo del piacere (se volete approfondire l’argomento, tra il serio e il faceto, c’è un mio libretto anch’esso pubblicato da Medicina delle Dipendenze [1]) accennando sia all’aspetto neurobiologico che a quello psicodinamico, e da lì si sposta alla dipendenza.
Ne presenta la nosografia corrente, e torna poi sul piacere, sui circuiti neurali della gratificazione, ed i sistemi neurotrasmettitoriali coinvolti: dopaminergico, oppioide, endocannabinoide, glutamatergico e gabaergico, nonché sulle aree cerebrali che li contengono.
Presenta il ruolo evolutivo della dopamina dagli organismi più antichi al cervello umano, soffermandosi sulla sua importanza nell’attribuire importanza (salienza) agli errori di previsione, cioè gli scarti che riscontriamo tra il mondo per come si manifesta e come noi ce lo immaginiamo sulla base di ciò che abbiamo appreso in passato.
Spiega poi come le sostanze psicoattive possano incidere direttamente o indirettamente sulla neurotrasmissione a dopamina e sui suoi diversi sistemi recettoriali, e poi presenta i più rilevanti inquadramenti teorici che cercano di spiegare come si instaura e come si mantiene una dipendenza:
- la “reward deficiency syndrome” di Kenneth Bloom
- la teoria della disregolazione edonica di George F. Koob
- l’inquadramento di Kent C. Berridge su dopamina e salienza, liking e wanting
- la teoria dell’apprendimento delle abitudini di Everitt e Robbins
Continua con i circuiti neurali della dopamina e del glutammato, le fasi di genesi della dipendenza, il ruolo del controllo degli impulsi, degli stati di stress e disforia e i relativi sistemi fisiologici (asse ipotalamo-ipofisi surrene ed abenula laterale), nonché i fattori predisponenti allo sviluppo della patologia.
Conclude infine presentando le molecole utili nella terapia farmacologica, anche quelle usate off-label cioè in assenza di indicazioni ufficiali, includendo anche le novità come i peptidi del sistema gastroenterico (ne abbiamo parlato di recente anche qui su Addictus Magazine [2]), e le tipologie di interventi preventivi non farmacologici.
Il tutto è corredato da belle illustrazioni e da una bibliografia ben nutrita.
Secondo me è un’ottima lettura per chi – per mestiere o curiosità – sia interessato ad un inquadramento generale, dall’alto, delle dipendenze, dalla neurofisiologia alla clinica, nonché un buon nutrimento per chi – lavorando nel settore – si senta un po’ prigioniero della routine, e voglia guardare il proprio mestiere da un’angolazione meno empirica e più concettuale.
[1] Dialoghi siracusani sulla scienza del piacere https://www.medicinadipendenze.it/pubblicazioni/dialoghi-siracusani-sulla-scienza-del-piacere/
[2] Sazi e contenti. E astinenti? https://magazine.addictus.it/?p=4598