Mantra
Avere tutto e avere niente è lo stesso, la seconda scelta però è più economica.
Non ti sto dando consigli filosofici, non so una mazza di filosofia.
Ti dico solo che se le tue scarpe dell’anno scorso hanno percorso solo un chilometro allora
quando le hai comperate hai preso una fregatura.
Il primo passo per stare bene e rispettare l’ambiente è chiedere ai tuoi piedi se hai fatto le
scelte giuste (dal blog “Più leggera, più Green”)
Adele si butta il visone spelacchiato sopra il pigiama di pile, prende la scopa e
ciabattando scende le scale. È inverno e c’è la nebbia, ma lei non rinuncia. Ogni
mattina, alle dieci esatte, si alza dal letto per spazzare il metroquadro di marciapiedi
fuori dal portone di casa. Ogni mattina, tranne il martedì quando, alle dieci esatte, va
al market pachistano a fare la spesa. A novant’anni dimentichi il nome di tuo figlio ma
non le abitudini quotidiane anzi ti ci attacchi ossessivamente. La ripetizione ti tiene in
vita.
Il metroquadro di Adele è ormai inghiottito dalla stazione ferroviaria dove vive
un sacco di gente. C’è Andrea, padre separato che bivacca su due cartoni, occupa un
metroquadro circa di marciapiedi anche lui, fra il sottopasso e il portone di Adele.
L’anziana spazza via meticolosamente le cicche dal suo metroquadro evitando
di calpestare quello di Andrea. Lui fissa i movimenti della scopa, due volte destra
sinistra e due volte avanti e indietro. Le spazzate gli danno il ritmo della giornata come
il sacchetto di arance che tutte le mattine gli molla giù una ragazza di passaggio poco
prima che Adele apra la porta. Glielo appoggia a scavalco, fra il suo metroquadro e
quello dell’anziana.
Andrea sposta il sacchetto interamente nel proprio territorio solo quando le setole
della scopa lo stanno per toccare. L’anziana dà un colpetto con la scopa al sacchetto,
anche se non è più nel suo territorio e, senza alzare la testa, borbotta qualcosa sul
disordine dei giovani. Si potrebbe definire una microguerra di confine. Adele rivendica,
Andrea propone la tregua. Per il momento vince lei che rientra in casa soddisfatta dopo
aver visto sparire fra i cartoni di Andrea il sacchetto di arance.
Ma la realtà, lo sappiamo, non ama le regole fisse, è creativa, e così un giorno
succede qualcosa. Adele come sempre mette fuori la scopa che però si inceppa in un
ostacolo e vola via, seguono un urlo e un tonfo. La ragazza del sacchetto di arance
andava di corsa e, dopo aver superato con un salto il metroquadro di Andrea, si è trovata
la scopa fra i piedi ed è caduta. Si è vista la sua coda di cavallo bionda descrivere un
arco nel cielo e poi qualcosa di luccicante cadere per terra e infrangersi in mille pezzi,
poco distante dall’atterraggio di lei che è rotolata come fanno i supereroi. La cosa
luccicante era il suo cellulare che aveva in mano.
Ma perché correva? Era inseguita dal ragazzo che fa la guardia giurata al market
pachistano e che ora cerca di alzarla da terra per un braccio ma con delicatezza.
Torniamo ad Adele, l’anziana ha seguito con la testa il volo della scopa e della ragazza
e si è trovata naso contro naso con Andrea che, per paura che la guardia giurata volesse
qualcosa anche da lui, ha fatto un salto fuori dai cartoni sconfinando dal suo
metroquadro in quello dell’anziana.
I due si guardano dritti negli occhi per la prima volta. Lui si riprende dallo
spavento e le sorride, lei no. Il tizio somiglia a suo figlio, disordinato pure lui, pensa
Adele cercando invano di recuperare nella memoria il ricordo della sua faccia. Quello
è sparito chissà dove, ha sposato la figlia del farmacista, una snob. Non mi era mai
piaciuta, troppo attenta ai vestiti e ai soldi, pensa Adele.
Nuora e suocera avevano litigato dal primo incontro e avevano finito quando la
coppia aveva deciso di sparire. Solo un telegramma un certo Natale per dire che era
nato un nipotino, senza specificare il nome, almeno Adele non lo ricordava. Se mio
marito fosse stato in vita, li avrebbe trovati quei due, altroché, ma è morto troppo
presto, per fortuna almeno non ha sofferto per quell’allontanamento.
Pochi e radi i pensieri del passato, Adele torna presto nel presente e si trova
Andrea muto di fronte. I due stanno immobili per qualche secondo fissandosi. Poi
Andrea si gira, recupera la scopa e gliela allunga. L’anziana la prende con uno scatto
del braccio borbottando qualcosa sul disordine dei giovani, poi abbassa la testa per
spazzare ma non serve. Il sacchetto di arance non c’è, le cicche nemmeno. La ragazza
ha già spazzato con i jeans, cadendo.
Adele si blocca di nuovo ma questa volta con la scopa in mano, rimugina ancora
per qualche secondo, le sembra di conoscerla la ragazza volante, annaspa nella nebbia
della sua mente, troppe novità oggi. La ragazza volante sembra una che si è appena
svegliata. Sono strani i giovani, sempre curvi sui loro telefoni, di sicuro è caduta perché
stava guardando il cellulare, pensa Adele infastidita perché anche camminare con la
testa nel telefono ed inciampare ha, secondo lei, a che fare con il disordine. Non riesce
ad articolare un ragionamento ma sente che è così, disordine delle cose, disordine
mentale, poi nella sua mente la nebbia si dirada, torna al suo metroquadro e verificato
che non c’è niente da spazzare, rientra in casa. Tutto è in ordine almeno nei confini del
suo marciapiedi.
La ragazza che si è alzata e se n’è andata via con la guardia giurata che la tiene,
per un braccio, è Stefania. Il cellulare è frantumato per terra anche se ora non sembra
interessarle più di tanto perché deve capire come togliersi dalla situazione. Se i suoi
scoprono che è stata “arrestata”, succede il finimondo.
Stefania frequenta il primo anno di “science della comunicazione” all’università.
Ormai per comunicare gli esseri umani devono essere abilitati da una laurea, sembra
che altrimenti non ci si intenda anche se si parla la stessa lingua.
Comunque, tornando a Stefania, “frequenta” è una parola grossa perché le
lezioni non sono così interessanti come immaginava lei, che vuole diventare influencer.
Influencer sono le persone che nei social raccontano cosa mangiano, come si vestono,
un po’ come si faceva al bar anche se nei social hai un pubblico di milioni, miliardi di
persone di tutto il mondo che, non si sa perché, se sei un bravo influencer, non vedono
l’ora di sapere se oggi mangerai pasta o patate e puoi anche diventare ricco se la tua
ricetta di maccheroni alla norma con lo spruzzetto di sesamo che ti sei inventato, fa il
giro del mondo.
Purtroppo nell’università di Stefania i prof sono dell’epoca delle enciclopedie,
quei libroni marroni che ha anche suo padre e che servono per tenere ferme le porte e
che anche contro gli spifferi. Difficile che gente così sia in grado di farla diventare
influencer, ci provano ma si vede che sono in difficoltà, addirittura sono gli studenti
che spesso devono spiegare ai prof le novità della rete, roba da matti. Stefania, inutile
insistere, si annoia un casino quindi, ogni giorno alle nove esatte, va in facoltà, segue
un’oretta di lezione e poi esce.
Ci va a piedi, sono cinque minuti dall’appartamento in affitto che le hanno preso
i suoi, poco distante sia dall’università che dalla stazione, così non si distrae, aveva
pensato sua mamma che la vedeva sempre con la testa piegata sul cellulare ed era
preoccupata che quell’unica figlia finisse male, magari che scappasse chissà dove con
qualcuno della rete che è ancora peggio, secondo la mamma, che fare l’autostop e girare
il mondo. Con il telefono, sempre secondo la mamma, pare che si possa scappare molto
più in là della fine del mondo, andare in posti ancora più sconosciuti stando esattamente
fermi nello stesso posto. I viaggi sedentari di Stefania preoccupavano tantissimo la
mamma. Per questo l’aveva mandata a studiare in città così si spostava un po’ con le
sue gambe.
Però su quello che Stefania voleva studiare la mamma aveva capito poco, lei
aveva sempre fatto la donna delle pulizie nel paese di periferia di qualche migliaio di
anime dove viveva da sempre. Allora Stefania ad un certo punto si era trasferita in città.
La sua vita dal lunedì al venerdì era: appartamento-università, università-appartamento
e nel weekend: università-stazione-treno-casa dei genitori. Amici non se n’era fatti
perché ne aveva già a sufficienza nella rete e per fortuna, vista la noia della vita
universitaria, per passare le giornate aveva trovato in una chat giapponese un game. Si
chiama “450 grammi per un’arancia”.
Il game prevede di rubare delle arance con una tecnica da seguire nei minimi
dettagli. Si va nel reparto frutta di un negozio, si trovano le arance e si prende un
sacchetto. A colpo d’occhio bisogna individuare tre arance di peso uguale, ognuna da
150 grammi. Si mettono tutte e tre sulla bilancia elettronica per un totale di 450
grammi, poi bisogna toglierne una e metterla nel sacchetto. Si aspetta che la bilancia
torni sui 300 grammi esatti, si stampa l’etichetta col prezzo e si insacchettano anche le
altre due.
A quel punto si va a pagare. Sarebbe più facile rubare un’arancia mettendola in
tasca ma il game è giapponese, valli a capire.
Appena usciti dal negozio, si fotografa il sacchetto e si pubblica nella chat.
Stefania fa il game tutti i giorni al market pachistano e poi si disfa del sacchetto
mollandolo per terra. Cerca di concentrarsi come un samurai, con tutta la mente e con
tutto il corpo.
Al game partecipano persone di tutto il mondo che si trovano dentro la rete. Il
contatore fa vedere chi è collegato e anche se non può vederle in faccia lei si sente in
compagnia di un migliaio di persone alla volta che reagiscono con gli emoticon
approvando le sue azioni.
Una piccola scossa di adrenalina su tutto il corpo quando vede sullo schermo
svolazzare cuoricini e tristezza quando a volare sono pollici rovesciati. Le costa solo
un euro alla volta con la prospettiva di vincere il maxipremio cioè uno smartphone
ultima generazione se riuscirà a fare almeno 365 “pezzi” all’anno cioè 365 entrate al
supermercato, cioè ogni giorno, potrebbe farne anche due o tre al giorno ma si rischia
di essere colti sul fatto anche perché il supermercato deve essere sempre lo stesso.
Vabbè bisogna essere molto concentrati. Cellulare-arance, arance-cellulare, mai
distrarsi, imparare a camminare senza guardare per terra, a volte le è capitato di andare
a sbattere contro le altre persone ma anche perché capita anche alle altre persone di
camminare con lo sguardo incollato allo schermo.
La sua vita ormai è “dentro” il game e lì dentro si distrae dall’incubo che da un
po’ di tempo le tormenta il sonno e che di giorno continua a rimuginare quando è
“fuori” dalla rete. Appena si addormenta alla sera, le appare la scena della sua laurea:
sono passati gli anni e ha raccontato ai suoi che ha fatto tutti gli esami ma non è vero
niente. Il giorno della laurea si presenta davanti ai professori per discutere la tesi che
non c’è, con tutti i parenti che assistono. Le tremano le gambe, cosa che forse non
succederebbe se fosse nella rete ma è lì fuori, esposta al giudizio di tutti i parenti, si
gira verso sua mamma per abbracciarla ma si accorge di non avere le braccia. Si allunga
con le spalle per raggiungerla lo stesso ma non ha nemmeno quelle. Si guarda i piedi
ma non ci sono, si mette a gridare ma non ha nemmeno la voce, allora si sveglia in un
lago di sudore e si tocca per essere sicura di esserci e di esserci fuori. Per non fare
l’incubo, ultimamente non dorme e passa la notte a ripetere mentalmente le operazioni
del game. Metti le arance, togli le arance, esci, scatta e chatta.
Ogni giorno è sempre meno lucida, si concentra per capire se è dentro o se è
fuori. Le piace essere dentro la rete però ha intuito che forse se ci va troppo, resta
incastrata, magari non riesce più ad uscire e sparisce. Purtroppo con tutta questa
preoccupazione sulle spalle capita l’errore.
Al market, sta facendo la pesatura cercando di scegliere le arance da 150 grammi,
ma non prende al primo colpo quelle giuste e neanche al secondo. Si innervosisce, ne
prende una, la guarda e poi la molla e poi un’altra e un’altra ancora, perde un sacco di
tempo. Sente che qualcuno la fissa, si gira e incrocia lo sguardo di una nonnina con un
visone spelacchiato. Cosa vorrà da lei? Perché la sta fissando? A Stefania viene il
dubbio che forse la sta spiando, magari non è la prima volta che la vecchia la fissa e
inizia a pensarci, pesca nel fondo della memoria tante riproduzioni di quello sguardo,
cacchio quella nonna la osserva da un sacco di tempo.
In effetti non è il primo martedì che Adele osserva la tecnica di pesatura di
Stefania. Con 500 euro al mese di pensione e un affitto che le lascia pochissimo
margine, Adele si è convinta che la tecnica di pesatura della ragazza andrebbe bene
anche a lei, potrebbe prendere qualche arancia in più. Ma deve imparare bene per non
farsi cogliere letteralmente con le mani nel sacco. In genere Stefania è talmente
concentrata che non la vede o meglio la guarda ma sembra non vederla, sono strani
questi ragazzi sempre curvi sul cellulare, poi quando alzano la testa è come se
restassero dentro il cellulare, ci sono e non ci sono, pensa Adele, un po’ come suo figlio
quando parlava la nuora, sembrava esserci ma non c’era, se lo ricorda Adele al funerale
del marito, suo figlio curvo sul cellulare e la nuora che non smetteva di bisbigliargli
nell’orecchio poi i due erano spariti prima che la funzione fosse finita perché la nuora
aveva fatto finta di sentirsi male siccome era incinta e non si erano più visti.
Eh sì quella là aveva avuto paura di prendersi in carico la suocera, questa era la
verità, pensava Adele. Comunque, tornando al market pachistano, stavolta le due donne
si fissano e si vedono. Stefania sente che non è giornata, molla il sacchetto sul piatto
della bilancia e va all’uscita.
Adele capisce che è arrivato il suo momento. Si avvicina alla bilancia, stampa lo
scontrino, mette altre cinque arance nel sacchetto e lo richiude. Va alla cassa con la
pesata sbagliata e poiché non ha mai rubato in vita sua, ha il viso paonazzo.
La cassiera la guarda e si insospettisce così decide di controllare. Amrita ha già
pagato di tasca sua più di una volta. Se i conti non tornano, alla chiusura della giornata
il capo scala dal suo stipendio, qualche volta anche quando i conti tornano.
Siccome non ha ancora il permesso di soggiorno, cerca di stare attenta. L’anziana
le ricorda tanto sua nonna che è rimasta in India ma non può fare eccezioni. Prende
dalle mani di Adele che se lo tiene bene stretto, il sacchetto e va a pesarlo. Sono attimi
di apprensione per l’anziana che si vede già in prigione oppure sui cartoni vicino ad
Andrea, i 500 euro infatti mica le basteranno per uscire dalla gattabuia, lei lo sa, quando
aveva la televisione guardava solo i polizieschi.
Come volevasi dimostrare il peso non corrisponde al prezzo, allora Amrita toglie
qualche arancia dal sacchetto si avvicina ad Adele e le dice sottovoce che la bilancia
a volte non funziona bene, che non deve più andare a fare la spesa il martedì, se vuole
risparmiare il sabato pomeriggio, ci sono tutte le rimanenze della frutta in svendita
perché per fortuna, questo lo pensa Amrita, il punto vendita la domenica è chiuso e
quindi bisogna smaltire il più possibile quello che c’è nel reparto dei freschi.
Adele con la fronte imperlata di sudore, si riprende dalla paura di finire in
prigione, è perplessa perché al market va sempre il martedì alle dieci esatte, ma ha
bisogno di risparmiare perciò prende una decisione definitiva, la spesa va fatta il sabato
pomeriggio. Poi la commessa è gentile, ha uno sguardo affettuoso. A parte il tipo dei
cartoni, nessuno mi guarda così, tanti anni fa forse lo facevo mio figlio ma poi è sparito
per colpa della farmacista, pensa l’anziana. Nella mente di Adele appare sfocata
l’immagine di un bimbo ricciolino, chissà com’è mio nipote, speriamo assomigli più a
lui che a lei, poi esce dal negozio e ciabattando va verso casa.
Amrita invece capisce che è il caso di controllare meglio i clienti nel reparto
frutta e chiede a Giorgio, lo studente che il direttore ha assunto come guardia giurata,
di dare un’occhiata al reparto frutta. La mattina dopo – cioè quella del volo – Stefania
si ripresenta, è più concentrata della spada di Akimura, uno dei campioni del game, un
suo idolo della rete. Ha dormito bene perché si è scolata un paio di birre, a lei non piace
bere anzi credeva di essere astemia ma ha cercato in internet una soluzione ai suoi
incubi e ha visto che l’alcol è una soluzione economica e fa meno male dei sonniferi.
Meno male che esiste la rete, ti risolve tutti i problemi. Altro che telefonate alle amiche
del paese che poi per come ragionano in periferia facile che vadano a spiattellare tutto
in giro e così i genitori lo vengono a sapere. Santa Rete! Pensa Stefania, se ci fossero
nuovi santi da fare dovrebbero pensare a te.
Quel giorno dunque non ha esitazioni. Pesa giusto al primo colpo e anche le altre
operazioni sono fluide. Ma quando sta per andare alla cassa con il suo sacchetto di
arance, Giorgio che l’ha osservata tutto il tempo di nascosto, le grida di fermarsi.
Lei si spaventa, molla il sacchetto, esce e corre verso la stazione. Solo che sono
le dieci e a quell’ora esatta Adele mette fuori la scopa per spazzare il suo metroquadro.
Stefania vola. Non è un dramma, lei ha imparato a cadere dai tutorial di arti marziali
giapponesi perciò zompa a terra senza danni, piroettando nell’aria come si è già detto
e spaccando però il cellulare.
Ma, per impietosire Giorgio che l’ha inseguita e quindi evitare i guai penali, si
mette a piangere, lui si intenerisce e quando si avvicina per sollevarla, si guardano bene
e si accorgono di conoscersi. Giorgio e Stefania hanno fatto le elementari nella stessa
scuola in periferia e ora anche lui è in città per studiare, scienze naturali perché vuole
difendere l’ambiente. Solo che i suoi non hanno soldi per pagargli l’università e allora,
siccome è un bel ragazzo muscoloso, ha fatto il corso per guardie giurate e ha trovato
quel lavoretto.
Giorgio si fa promettere da Stefania che non ruberà mai più così lui non la
denuncia. Anzi le propone di frequentarsi un po’ visto che in città anche lui non ha
amici, ad esempio potrebbero andare al cinema. Lei pensa che è una proposta un po’
antiquata ma siccome è rimasta senza cellulare decide di accettare, tanto sempre di
schermo si tratta.
Il film lo sceglie lei ed ovviamente si tratta di un comics giapponese che
comunque non dispiace nemmeno a lui, ovvero a lui quella ragazza volante è piaciuta
subito perciò va bene tutto.
Nei giorni seguenti lei non trova il modo di procurarsi un cellulare e quindi
accetta di nuovo un invito al cinema, stavolta sceglie lui, è un film sugli animali in via
d’estinzione. Lui parla durante tutta la proiezione perché sono proprio quegli animali
quelli che lui vuole salvare, sta studiando proprio per salvare loro e insieme a loro, noi,
esseri umani. Stefania la prima mezz’ora si annoia un po’ perché lui assomiglia nel
modo di parlare ai prof delle enciclopedie ma poi inizia a pensare che salvare gli
animali e gli umani potrebbe essere un nuovo game. In più le viene in mente
un’influencer famosissima, una ragazzina di un paese del nord Europa che ogni
settimana si pianta sotto al Parlamento con un cartello per protestare, è una che ha un
sacco di follower. Stefania si illumina e stampa un bacio sulla guancia di Giorgio che
rimane di colpo senza parole.
Alla fine della serata lui che studiando scienze naturali come già detto se ne
intende un po’ anche dei comportamenti umani, la invita a tornare al market alla stessa
ora in cui faceva il game delle arance per prendere un caffè assieme prima di andare
all’università. Stefania accetta perché un paio di occhiate alle arance vorrebbe ancora
darle anche se ogni volta che prende il caffè con Giorgio lui la inonda delle sue storie
ambientaliste e alla fine lei si dimentica delle arance, anzi le torna anche la voglia di
andare a lezione perché lui le dà anche il compito di andare a recuperargli gli appunti.
Lei ci va volentierissimo perché ormai si è messa in testa di aprire un blog ambientalista
come quella ragazzina nord europea.
Ha anche ricominciato a dormire perché arriva a casa stanca dopo aver seguito
le lezioni di Giorgio e le sue. Scopre così che quei prof che hanno studiato sulle
enciclopedie in fondo non sono male anzi in quei tomi marroni salvaspifferi ci sono un
sacco di informazioni utili che i suoi compagni di corso non sanno.
Passano sei mesi.
Stefania e Giorgio stanno insieme e sono in regola con gli esami. In più Giorgio
è andato ad abitare da lei così risparmia e fa meno ore di lavoro al market. Stefania,
con l’aiuto di una prof che oltre ad avere studiato sulle enciclopedie è un’influencer,
ha aperto il blog “Più leggera, più green” dove pubblica consigli per rispettare
l’ambiente e ha già diecimila follower.
Adele, dopo tre mesi dal volo della scopo, ha sorriso ad Andrea perché il
sacchetto di arance extraterritoriale è sparito e lei ha pensato che era diventato più
ordinato, come magari sarà diventato anche suo figlio che è da qualche parte con la
nuora farmacista.
Passano altri tre mesi e Adele trova per caso sotto al letto, una scatola con le
vecchie foto di suo figlio e qualcosa emerge dalla nebbia della sua mente. Le porta ad
Andrea e gliele mette in fianco alla faccia. Certo! E’ suo figlio come aveva fatto a non
riconoscerlo? Si abbracciano piangendo a cavallo dei due rispettivi metriquadri di
marciapiedi.
Andrea le racconta che la moglie aveva incontrato in internet un tipo che aveva
vinto un sacco di soldi vendendo arance, almeno lui aveva capito così e lei se ne voleva
andare via di casa ma però restando a casa, perché il tipo era dentro al cellulare.
Lei se ne stava tutto il giorno seduta sul divano con la testa china sul cellulare
proprio come fanno i ragazzini, così lui aveva deciso di andarsene ma purtroppo era
rimasto come si dice sul lastrico perché tutti i soldi dello stipendio che prendeva come
impiegato delle poste, servivano per pagare il wifi a lei e al figlio che a sei anni viveva
nella rete con la mamma e il vincitore di arance. Andrea allora aveva deciso di tornare
da sua madre, solo che erano passati tanti anni e Adele non l’aveva riconosciuto perciò
si era rassegnato a vivere per strada vicino a lei, almeno poteva vedere come stava.
Adele e Andrea entrano in caso e finalmente stappano quella vecchia bottiglia di
vino comperata per il battesimo del nipote e dimenticata anche quella sotto al letto.
Scritto da Federica Savio