Quel senso di libertà
(Storia di una famiglia per bene travolta da un inaspettato uragano)
Questa è la storia di una famiglia come tante di tanti anni fa iniziata a formarsi alla fine degli anni ‘50, quando l’Italia nell’immediato dopoguerra cercava di riemergere dalla distruzione e dalla miseria e nord, centro e sud erano accomunati dagli stessi sogni e dagli stessi ideali senza barriere, senza interruzioni di continuità ma con i medesimi ideali, gli stessi sogni da realizzare e tanta voglia di spensieratezza. Il Natale era sempre e comunque una bella festa, bei regali e tanta allegria all’insegna di una vita perfetta in una famiglia dove regnava l’accordo e la partecipazione reciproca. Sarà di buon auspicio? Pensava ogni volta Marina che era sempre alla ricerca di un’ insperata pace, di un disperato ritorno ad un passato neanche tanto lontano dove regnava l’armonia in famiglia, dove non mancavano i litigi tra lei e il fratello maggiore quindicenne che le inveiva contro con prepotenza perchè era una tredicenne “priva di cervello”. Non mancavano i diverbi tra i suoi genitori a causa soprattutto del lavoro che mancava e rendeva difficoltoso il menage famigliare. Ma i momenti di attrito si alternavano a momenti di grande dolcezza e ilarità in cui si rideva e si stava bene insieme. A capodanno poi tutti si chiedevano cosa gli avrebbe riservato e se si fosse potuto prevedere il futuro tutti e quattro ma soprattutto la madre Carla ci avrebbe visto una casa non troppo costosa da acquistare. Con il passare degli anni giunse poi il benessere la casa di proprietà ed un nuovo fratello che Marina cresceva tra le difficoltà di adolescente frequentante il Liceo Scientifico ed una madre ed un padre impegnati per l’intera giornata nel grande negozio che aveva soppiantato il precedente e nel quale la madre esponeva e vendeva con successo tutti i suoi manufatti di alta sartoria e molto apprezzati in paese mentre il padre la aiutava stando alla cassa. Gli anni che seguirono non furono però più facili dei precedenti per Marina che per riconquistare un po’ della sua libertà litigava continuamente con il padre e la madre troppo impegnati e col fratello maggiore che ogni pomeriggio incontrava in casa gli amici con i quali giocava a poker e che riempivano lo studio di fumo puzzolente e cicche di sigarette altrettanto puzzolenti. Tutto partiva da una sua giustificata lamentela e terminava con offese verbali riferite alla sua incapacità di crescere e comprendere i sacrifici che i genitori facevano. Il fratello maggiore era sempre impegnato con gli amici e comunque era esentato dai doveri quotidiani della famiglia. I figli maschi in casa avevano sempre avuto il benestare dei genitori in tutto quel che facevano e a loro era riservato l’affetto più puro e incondizionato, che per loro era facile ricambiare e in nome del quale tutto era consentito anche i comportamenti più trasgressivi. La madre era sempre stata una persona assente anche quando agli inizi lavorava in casa, perché totalmente dedita al lavoro. Da esso traeva tutte le soddisfazioni e le gratificazioni di cui aveva bisogno mentre le esigenze della famiglia erano sempre su un secondo piano. Marina pensava che il lavoro era utile soprattutto a lei come soddisfazione personale mentre i soldi erano utili alla famiglia in una sorta di circolo vizioso in cui tutti “dovevano essere felici” anche se in realtà non era vero soprattutto per lei che aveva le incombenze più scomode e pesanti tenendo conto della sua giovane età. La madre d’altro canto cercava gratificazione anche in casa tra i propri familiari e puntualmente arrivava da tutti meno che da lei ovviamente.
La situazione andò avanti in questo modo per tutto il periodo del liceo portato a termine con impegno soprattutto serale in quanto i suoi tornavano tardi dal negozio e lei non doveva più fare da babysitter al fratellino.
Marina aveva vissuto gli anni del Liceo con una sorta di scollamento dal resto della classe in quanto le sue amiche ed amici avevano problemi molto diversi dai suoi, vivevano la loro adolescenza in tutti i suoi aspetti e con tutte le sue problematiche quindi non comprendevano l’entità dei problemi che giornalmente doveva affrontare Marina né tantomeno il peso delle sue responsabilità.
Alla fine del Liceo, superata la maturità, decise di trasferirsi a Milano per intraprendere gli studi universitari. La madre prese proprio male questa decisione sentendosi offesa e tradita.
Sergio, il fratello maggiore era andato a Bari per l’università mentre lei sceglieva Milano, tutto ciò era inconcepibile per una madre che si appoggiava totalmente alla propria figlia, ancor di più per il fatto che era donna….
Marina partì ignara dei pareri discordi consapevole del fatto che doveva iniziare a pensare un po’ di più alla sua vita e andò avanti con il suo percorso di studi in maniera spedita e con un certo successo.
Gli anni dell’università furono bellissimi da un lato per le esperienze che finalmente erano tutte volte alla sua crescita personale ed umana ma dall’altro lato furono turbati dal rapporto che lei aveva con i suoi genitori e soprattutto con la madre la quale le negava quasi tutto, anche i soldi che le venivano mandati col contagocce nonostante il lavoro andasse finalmente bene. Per non parlare poi delle gratificazioni affettive completamente assenti o quasi.
Marina ormai riferiva a casa lo stretto necessario il resto lo teneva per se, aveva imparato a risolvere tutto da sola e con l’aiuto del suo ragazzo che frequentava fin dal Liceo e conosceva tutta la storia della sua famiglia. Era stata una fortuna avere il suo appoggio negli anni bui della sua convivenza in famiglia e lei d’altro canto gli aveva fornito il suo quando lui ne aveva avuto bisogno.
Durante gli anni di università Marina tornava a casa lo stretto necessario, cioè durante le feste di Natale e di Pasqua e poi durante l’estate ma non erano mai delle vacanze tranquille. In casa sua tutto andava avanti nello stesso modo, gli impegni erano sempre tantissimi da parte dei suoi genitori, i fratelli erano sempre assenti o comunque impegnati all’esterno e la casa era sempre abbandonata a se stessa. Alla fine lei tornava a casa per riposarsi ma poi ritornava a Milano più stanca di prima e notava che per le sue amiche era tutto il contrario.
La vita andava avanti così e Marina terminò gli studi più o meno in tempo e fu costretta a tornarsene a casa suo malgrado.
Le cose cambiarono un po’ quando finalmente riuscì a trovare lavoro e tra le diverse possibilità lei decise di iniziare a lavorare nella scuola. Una volta che anche il suo ragazzo riuscì ad inserirsi nel mondo del lavoro entrambi decisero di sposarsi e mettere su famiglia nel nord; quindi la scelta fu quella di vivere lontano dalla sua famiglia d’origine non perché non fosse legata alla sua terra ma a causa del brutto rapporto che aveva e continuava ad avere con i suoi componenti. A questo si aggiungeva la consapevolezza che Sergio, il fratello maggiore avesse una dipendenza dal gioco. Sia lei che il marito Antonio avevano maturato questa certezza dalle osservazioni fatte tutte le volte in cui tornavano a stare in famiglia.
Ma la cosa peggiore era che questo argomento se pure affrontato con i suoi genitori non era tenuto in grande considerazione, loro infatti dicevano che si trattava di un hobby e così come lei coltivava degli hobby il passatempo principale del fratello era quello del gioco e lei non doveva interferire assolutamente.
Questo rendeva impossibile il far comprendere ai suoi genitori la gravità della situazione o comunque la necessità di ricorrere all’intervento di qualche esperto evitando la catastrofe già annunciata.
Il fratello nel frattempo si era sposato con una ragazza che aveva conosciuto all’università e che non sapeva assolutamente nulla del suo vizietto, aveva messo su famiglia ed erano anche nati due figli soltanto che continuavano a vivere nei rispettivi paesi in regioni diverse. Lui continuava a vivere con la madre e il padre dedicandosi indisturbato al suo hobby oltre che al lavoro che svolgeva con senso del dovere, in pratica aveva una doppia vita. Intanto prometteva alla moglie un trasferimento che non avvenne mai.
Questo comportamento portò al logoramento del loro legame e alla fine si lasciarono anche perché la moglie aveva in parte scoperto tutti i suoi intrallazzi e quindi non condividendo il suo stile di vita litigavano in continuazione. Si separarono e divorziarono molto velocemente ma i figli restarono con la madre e quindi lontani dal padre che andava ogni tanto a trovarli.
La situazione peggiorò quando anche Marina e la sua famiglia, a causa delle insistenze del marito e quindi controvoglia si trasferì nel meridione in una provincia diversa dalla sua.
Probabilmente pensava che il fatto di non vivere nello stesso paese avrebbe agevolato i loro rapporti con la sua famiglia d’origine ma in realtà era un’illusione.
Già fin dai primi mesi sorsero i primi problemi sempre a causa di questo fratello e dei molti debiti che aveva fatto coinvolgendo tutti.
La famiglia appunto fatta dai genitori ormai anziani e dal fratello minore ancora molto giovane si ritrovò a dover affrontare una serie di enormi spese da un momento all’altro.
Ovviamente neanche in questo caso compresero il problema a fondo ed al dramma si aggiunse il dramma del non trovare le giuste soluzioni o meglio del non approvare le soluzioni che Marina e il marito proponevano.
Le richieste della famiglia di Marina nei suoi riguardi arrivarono all’inverosimile in quanto il fratello aveva ipotecato tutti i beni della famiglia intestati a lui compreso il locale dove i suoi lavoravano e che quindi rischiava di andare all’asta. Piuttosto che vendere le proprietà per pagare i debiti i genitori chiesero a Marina i soldi per recuperarle poco pensando che una cifra così alta avrebbe creato difficoltà nella sua famiglia formata da lei il marito e due bambini. Marina quindi si oppose anche perché i soldi non erano solo suoi quindi non poteva disporne a suo piacimento ma doveva dar conto al marito e lui non avrebbe voluto assolutamente.
Quello che all’inizio era apparso un buon rientro felice nella propria terra si rivelò da subito in tutta la sua drammaticità. Marina aveva tutti contro peggio di sempre in quanto la madre a quel punto era riuscita a metterla in cattiva luce con tutti i parenti che ovviamente ignoravano i motivi reali del dramma famigliare ma ne conoscevano solo la versione proposta. Lei viveva in un forzato isolamento affettivo fatto di insulti brutte parole e brutte azioni da parte dei suoi famigliari. Gli anni seguenti furono segnati dalle grandi distanze e assenze della madre del padre e dei fratelli nei confronti di Marina e dell’intera famiglia comprese i figli che crescendo capivano sempre di più ed assorbivano malvolentieri le assenze degli zii e dei nonni e i malumori di tutti.
Nel frattempo il padre affetto da un brutto male era venuto a mancare, in realtà era stato lui l’unico che alla fine aveva compreso la posizione di Marina e le aveva fatto capire quanto fosse stato difficile anche per lui imporsi tenendo conto delle forti convinzioni della madre.
Egli, amandola molto, aveva evitato di impuntarsi riguardo al fratello maggiore per il quale lei aveva un amore sconsiderato. Probabilmente prendere coscienza dei propri errori per i genitori avrebbe significato una delusione troppo forte.
Con la morte del padre Marina sentì una profondissima tristezza tanto grande da non riuscire neanche a piangere a causa di un rapporto a metà, logorato da anni di incomprensioni da parole non dette e gesti non fatti. La situazione divenne ancora più complessa in quanto la madre i fratelli di Marina facevano scudo contro di lei osteggiandola in tutti i modi ma pretendevano che almeno i nipoti fossero ossequiosi nei loro confronti e nei confronti della nonna. Assurdo! Una volta nel corso di una telefonata in prossimità della festa di Natale la madre disse a Marina che non sarebbe mai più andata a casa sua perché non voleva bene né a lei né a suo marito e con loro stava male ma che loro dovevano portare a casa sua i nipoti soprattutto durante le feste che dovevano trascorrere obbligatoriamente con loro.
Inoltre aggiunse che lei non c’entrava niente in tutta la storia e loro due gliela stavano facendo pagare pur non essendo colpevole di nulla.
Più volte Marina aveva detto al fratello minore ormai grande di vendere qualche proprietà per pagare i debiti di Sergio senza sapere che anche lui c’era dentro fino al collo. Anche lui aveva continuamente bisogno di soldi e anche lui colpevolizzava lei perché non lo aveva aiutato e non aveva aiutato nessuno. Egli la pensava esattamente come la madre e nutriva molto odio nei tuoi confronti. Però col passare degli anni fu l’unico a convincersi ad andare in un centro per chiedere aiuto agli esperti. Marina era riuscita a trovare un centro in una Asl che curava le dipendenze e li andò il fratello, si sottopose alle terapie consigliate dagli esperti e cerco di venirne fuori ma durante le sedute non fece altro che parlare male di Marina che si era disinteressata di tutto e che era stata capace solo di prendersi la sua parte dell’eredità e andare via. Tutto ciò Marina lo seppe dallo stesso esperto che seguiva il fratello e al quale aveva telefonato per sapere come andavano le cose e se c’erano dei margini di guarigione almeno per lui. Alla fine lei che era una vittima era diventata la colpevole la carnefice di tutti. Marina non era mai stata ascoltata dagli esperti.
Negli anni a seguire aveva analizzato spesso tutte le vicende della sua famiglia d’origine e i rispettivi caratteri e la sua attenzione si era sempre soffermata sulla madre anaffettiva figlia di una madre, cioè sua nonna, anaffettiva a sua volta.
Un amore mancato che si trasforma in un “non amore” nei confronti dei propri figli una sorta di tirannia affettiva tanto più forte quanto più in cambio non otteneva amore e rispetto incondizionato. Una tirannia-affettiva che tutto trasforma in ricatto morale che appaga il troppo vuoto della propria infanzia per cui nulla è più spontaneo ma tutto è provocato ed ottenuto con la forza. In quei tempi c’era la guerra ed il problema principale delle famiglie che erano sempre molto numerose era la sopravvivenza, il vivere alla giornata basandosi su un’economia di autoconsumo. Inoltre un tempo regnava a volte nelle famiglie un clima di oppressione soprattutto a causa della mentalità e del rispetto spasmodico delle tradizioni famigliari e religiose e tutto ciò creava delle sfasature nei rapporti tra genitori e figli, sfasature che si ripercuotevano poi nelle loro rispettive famiglie.
La madre bambina di Marina la accusa di essere una tiranna e si riterrà soddisfatta soltanto quando la vedrà completamente sottomessa e devota a lei. Intanto Marina si faceva mille domande sul suo essere madre, scriveva lunghe pagine di diario nelle quali annotava alcuni diverbi e litigi giornalieri con i propri figli e poi faceva le sue osservazioni e confronti. Viveva con la costante paura di assomigliare caratterialmente a lei o comunque di diventare come lei con il passare del tempo.
Ad esempio si chiedeva a volte quello che stava donando volutamente o meno ai suoi figli e al suo compagno cioè ciò che aveva trasmesso oppure aveva evitato di trasmettere forse sbagliando o forse no e sperava nel suo cuore di avere interrotto il circolo vizioso, sperava che nell’essere moglie e madre si fosse visto sempre l’impegno nell’essere se stessa aldilà dei brutti condizionamenti del passato, sperava che si vedesse lo sforzo del ripensamento e dell’adattamento. Marina sperava che al di là di tutto i figli apprezzassero la voglia che lei aveva avuto di rispettarli riconoscendo ciò che in loro poteva essere cambiato da ciò che invece non sarebbe mai cambiato e quindi andava accettato, nell’unico intento di renderli persone equilibrate forti è appassionate della vita in tutti i suoi aspetti. Ella sperava ancora che i valori e le virtù che aveva trasmesso loro superassero i vizi e difetti e che i primi prevalessero rispetto agli ultimi.
L’esperienza nella sua famiglia l’aveva toccata profondamente, si chiedeva spesso se era all’altezza di essere moglie, sorella e soprattutto madre di due ragazzi adolescenti che mettono a dura prova la sua emotività che creano delle trappole nelle quali è bene non cadere resistendo in tutti i modi cercando di essere forti. La vicenda aveva soprattutto influenzato il suo rapporto con gli altri, lei continuava a fidarsi solo di pochissime persone e per il resto prevaleva sempre la diffidenza. Inoltre aveva capito che la dipendenza dei fratelli aveva incluso in pieno anche lei che aveva spesso vagato nel buio più totale non sapendo cosa fare ed avendo solo e sempre una minima idea del giusto comportamento e delle giuste risposte da dare.
Possiamo dire forse che la sua scelta di vivere per così tanti anni fuori dalla sua famiglia le aveva aperto gli occhi e aiutata a formarsi meglio caratterialmente.
Però quel rientro nella sua terra, quell’immersione totale nei problemi della sua famiglia d’origine aveva minato tutte le sue certezze.
I suoi famigliari entravano ed uscivano dalla sua vita a loro piacimento con ricatti morali ed affettivi che andavano dalla telefonata di fuoco al silenzio protratto per mesi, dagli inviti negati ai vari compleanni e anche i festeggiamenti di vario tipo, alle ripicche di vario genere che si rafforzavano quando si parlava di eredità, soldi e beni materiali sui quali erano tutti e tre d’accordo sempre..
Questo racconto di una vita vissuta cercando di risolvere i problemi di dipendenza termina con la morte in età avanzata della madre di Marina dopo alterne vicende che l’hanno costretta ad uscire dalla propria casa, per motivi legati anche alle problematiche esposte, per andare a stare in una struttura per anziani. In questa struttura con grande difficoltà a causa del fatto che si negava a lei con ogni mezzo riuscì a starle accanto fino alla fine. I fratelli negli anni riuscirono a superare i loro problemi e paradossalmente impararono a comunicare con Marina più serenamente e senza inutili colpevolizzazioni ma la strada era ancora lunga.
Una conclusione triste, fatta anche qui di dialoghi mancati e gesti incompiuti che lasciano Marina con l’amaro in bocca ma con la certezza di aver provato in ogni modo, un po’ masochisticamente, a non interrompere il legame pur malato ed a senso unico che la univa a lei e ai fratelli.
Scritto da Marilena Monte








