Gioco di donna

Era il primo giorno di scuola e quella mattina mia madre ci stava preparando prima di uscire. Me la ricordo molto più dedita a seguire con cura mio fratello Paolo mentre io dovevo in qualche modo arrangiarmi nel lavarmi, pettinarmi, vestirmi e fare colazione. “Dai Francesca, adesso lavati i dentini, siamo quasi in ritardo!” diceva, mentre mio fratello sembrava un bambolotto inerte e aspettava assonnato che gli facesse tutto lei.
Mia madre insegnava Italiano al liceo classico Giulio Cesare di Rimini e da buona dantista ci ha affibbiato i nomi dei due amanti famosi che il sommo poeta aveva messo all’inferno.
Non credo che mio padre, Guido, abbia influito molto nella scelta dei nostri nomi, conoscendo mia madre ed il suo carattere forte sono convinta che abbia deciso tutto lei.
Lui penso sia stato l’unico uomo a morire durante il parto. Lo stesso giorno e stessa ora in cui siamo nati ebbe un infarto nella sala d’attesa dell’ospedale mentre aspettava l’esito del lieto evento e così noi gemelli siamo nati orfani di padre ed abbiamo avuto la possibilità di vedere la sua faccia solo qualche anno dopo sfogliando l’album di matrimonio con mia madre.
Povero papà, mi spiace molto che te ne sia andato così. Ti sarebbe piaciuto vederci crescere notando le tue somiglianze combinate con quelle della mamma e dei nonni e mi piace pensare che sarei stata la tua preferita.
Paolo è stato comunque un bravo fratello per me, abbiamo fatto un sacco di cose assieme e gli volevo un gran bene, anche se era il cocco di mamma e faceva di tutto per mettersi in risalto ai suoi occhi.
Anche a scacchi era così, quando vinceva lui correva subito da mamma per sentirsi dire quanto fosse stato bravo. Mi piaceva giocare a scacchi con lui, mi piaceva quel tipo di lotta silenziosa ed immobile, di vittoria all’ultimo pezzo, di progettazione precisa dello scacco matto. Mi piaceva osservarlo quando si rendeva conto che stava perdendo e non c’era più niente da fare per venirne fuori se non arrendersi e lasciare cadere il re.
Quando giocavo con i pezzi bianchi aprivo sempre con il pedone di donna perché per me era logico che fosse la donna a condurre il gioco fin dall’inizio e fino a sconfiggere il re nero, sempre così difeso, arroccato, quasi coccolato, apparentemente inattaccabile.
Spesso lo battevo il mio caro fratellino, non solo a scacchi ma anche con i voti alla scuola primaria e anche alle medie. Poi al liceo, anche se non eravamo più nella stessa classe perché lui scelse lo scientifico ed io il classico, alla fine io ebbi anche la lode. Poi anche all’università, entrambi a giurisprudenza a Bologna, io discussi la tesi sei mesi prima e perfino l’esame di stato l’ho passato al primo tentativo mentre il signorino ha dovuto provare altre due volte per superarlo. Comunque eravamo una bella coppia di gemelli affiatati, felici e con tante belle prospettive di un brillante futuro.
Poi qualcosa si è guastato, non mi ricordo nemmeno come o quando.
Paolo guadagnava di più di me, non perché fosse un bravo avvocato ma, perché la sua attività principale era quella di spacciare cocaina ed altre sostanze analoghe ai suoi colleghi o loro amici fidati creandosi pian piano una vasta rete di clienti. Voleva fare il procuratore come il nonno materno, poi si è messo a procurare dosi di stupefacenti vari a chiunque e probabilmente ne faceva anche uso. Quando lo beccarono in flagranza di reato, mamma era ricoverata per una complicazione causata da COVID-19, morì nel giro di due settimane passate nel reparto di terapia intensiva dell’ospedale di Imola. Così lei non seppe mai di quella brutta faccenda sul suo Paolo: una soffiata di un cliente malcontento lo aveva messo nei guai per parecchi anni. E lei che lo vedeva come un principe del foro, chissà cosa avrebbe detto se avesse saputo che il foro di competenza era quello che si facevano i suoi clienti con una lurida siringa.
Lo lasciai al suo destino di spacciatore spacciato, tanto di avvocati bravi ne conosceva molti anche lui ed ho preferito prendere le distanze da lui e dalle sue scelte.
Io continuai il mio gioco di donna, sempre da sola, sempre a dimostrare di essere più forte dell’avversario. Infatti ero la prima in classifica nel portare a termine le lunghe cause di divorzio facendo condannare i mariti a versare cospicui assegni di mantenimento alle mogli. Io non mi sono mai sposata. Ho avuto qualche storia al liceo, ero in classe mista e quasi per forza tante relazioni sono cominciate e finite tra i banchi di scuola, specie nel corso degli ultimi due anni. Per un trimestre sono stata con un compagno di classe, un po’ più grande perché ripetente incallito, ma la cosa non ha funzionato probabilmente perché si chiamava Guido e mi sentivo a disagio ad avere una relazione con uno che si chiamava come mio padre. Ci trovavamo spesso per studiare assieme, fare i compiti, ma lui aveva sempre in mente qualcos’altro, a me non piaceva così tanto quindi lo lasciai senza tanti ripensamenti. Poi all’università, dove tutti amavano chiamarmi Francesca da Rimini ho conosciuto Giovanni, non era bello ma molto interessante, più grande di me di parecchio. Una sera, ad un aperitivo in piazza, mi presentò suo fratello Paolo, un tipo molto carino, simpatico, estroverso e anche alquanto attraente. Forse per questo ho pensato di chiudere con entrambi, mi sembrava di vivere una storia di cui sapevo già l’epilogo. Anche tra i colleghi avrei potuto intravvedere una possibilità di una bella relazione con un futuro giudice, ma anche in questo caso ho lasciato perdere sin da subito per il fatto che si chiamava anche lui Guido. Sapevo che non ce l’avrei mai fatta ad avere un compagno con quel nome.
Quindi ho preferito chiudere per sempre il capitolo delle relazioni sentimentali. In fondo gli uomini non mi piacciono, non ci trovo niente di coinvolgente e nemmeno il genere femminile mi attira molto a dire il vero, probabilmente sono un tipo solitario e basta.
Un giorno di estrema solitudine, che era anche il primo anniversario della morte di mia madre, presi le chiavi di casa sua per andare a sistemare delle cose e a vedere cosa si poteva tenere e cosa buttare. Rovistai pigramente ovunque poi, aprendo una cassapanca che stava in fondo al corridoio della zona notte, ho trovato sotto a dei vecchi giornali una quantità enorme di ricevute del Lotto e del Superenalotto e gratta e vinci vari. Tutto conservato ed impacchettato in ordine cronologico. Alcune migliaia di schedine giocate erano identiche, per anni aveva scommesso sugli stessi numeri, la stessa sestina del Superenalotto. Osservando meglio erano i numeri ricavati dalle nostre date di nascita più la data del suo matrimonio e quella in cui aveva conosciuto mio padre. Roba da matti! La brava ed ineccepibile professoressa di Italiano dedita al gioco e all’archiviazione quasi maniacale delle sue giocate. Ad occhio e croce si è bruciata più di mezzo stipendio da quando io avevo più o meno la maggiore età. Forse voleva garantirci un futuro più agiato o sperava nel colpo di fortuna per cambiare completamente vita. O forse essendo noi gemelli già adulti e quasi autonomi si sentiva inutile o sola. Non avevo modo di indagare oltre e nemmeno la ben che minima voglia di farlo.
Mai e poi mai avrei immaginato che mia madre avesse quella passione dal momento che lei spesso criticava sua madre, la nostra bene amata nonna, per il fatto che si concedeva il lusso di ingenti scommesse sui cavalli tanto da dilapidare i suoi averi più di una volta, costringendo il nonno ad intervenire con i propri risparmi o con onerosi prestiti o ipoteche per pagarne i debiti. Ma cosa può indurre una persona a giocarsi tanto denaro per una remota ed alquanto improbabile vincita risolutiva?
Mi ricordo che una volta avevamo anche una casa in Toscana, dalle parti di Bibbona, ci andavamo d’estate qualche volta. Era stata comprata e ristrutturata dal nonno paterno ed adesso non ce l’abbiamo più, probabilmente è stata venduta per recuperare del denaro o per pagare dei debiti di gioco. Peccato, era molto carina, l’ingresso era in fondo ad un viale di cipressi ed ombreggiata di pini marittimi e attorno c’era qualche vigna e qualche pianta di olivo.
Me ne tornai a casa con una serie di pensieri e di ricordi nebulosi che mi giravano nella mente tanto da farmi venire un potente mal di testa.
Il giorno dopo mi svegliai come intontita, confusa. Visto che era un sabato tornai a casa di mia madre a rovistare ancora per capire se ci fosse dell’altro da scoprire. Alla fine della giornata mi ero convinta che non ci fosse altro, per fortuna! Mi restava da capire perché, ammesso che ci sia un perché, una persona si possa affidare così tanto alla dea bendata e lasciarsi prendere per mano altrettanto ciecamente senza mai un ripensamento, un tentativo di smettere, una richiesta di aiuto.
Per scoprirlo forse c’era un solo modo: provare!
Non avevo molto da fare in quel periodo, era l’occasione giusta per tentare anch’io la fortuna, così per farmi una cultura sull’argomento che magari mi potrebbe tornare utile sul lavoro per qualche intricata separazione giudiziale.
Passato qualche giorno in modalità apatica, una mattina sono uscita per fare colazione in una pasticceria di fiducia e, dopo un ottimo cappuccino ed una brioche al cioccolato, sono andata in cerca di una ricevitoria. Dopo poche centinaia di metri ne ho trovata una, sono entrata, mi sono guardata intorno con calma al reparto schedine, c’era una sorta di bacheca con una miriade di possibilità di giocate, ma non ci capivo molto. Dopo circa dieci minuti fatalità non c’era più nessun cliente, solo io ed il tipo al bancone che mi sembrava anche simpatico. Ne ho approfittato subito rivolgendomi al giovanotto: “senta, per cortesia, mi potrebbe spiegare come funziona il gioco del Lotto, del Superenalotto e tutte quelle varie schedine che vedo lì?”. Il tipo mi ha spiegato in breve i vari giochi abbastanza chiaramente e come per ringraziarlo alla fine ho preso un paio di schedine per ogni tipo di gioco. Ho preso anche dei gratta e vinci e un pacchetto di sigarette e, salutandolo come se fosse un amico di vecchia data, me ne sono tornata a casa abbastanza soddisfatta. Mi sembrava di avere messo piede su un nuovo mondo.
Ovviamente ho dovuto aspettare, con una discreta curiosità, la sera dell’estrazione dei numeri del lotto. Aspettare qualcosa, qualcuno, un evento, una scadenza, mi crea sempre un po’ di stress. Di solito quando sono tesa mi bevo un calice di Sangiovese, sgranocchiando qualcosa tipo grissini oppure mangiando quantità industriali di liquirizia, quella morbida e gommosa a forma di pasticche rotonde incartate come caramelle.
Ecco arrivata la mia prima estrazione del lotto in diretta! Ma lo stress non passa così, anzi lievita, quando vedi che i numeri estratti sono vicinissimi ai tuoi di pochissimo. Sembra quasi una presa per i fondelli quando per un niente non hai azzeccato nemmeno un numero. Vabbè, speriamo vada meglio la prossima volta ed intanto mi accendo una sigaretta, tutto aiuta a sciogliere la tensione.
Da quella sera è iniziata l’abitudine di giocare le schedine ed attendere la sera del Martedì per raccogliere i frutti, e poi rigiocare ancora più schedine ed attendere la sera del Giovedì e così per la sera del Sabato e così di settimana in settimana, un po’ per tentare di recuperare i soldi spesi, un po’ per alimentare la speranza di vincere. Naturalmente ogni tanto cambiavo ricevitoria perché mi vergognavo un po’ se non avevo in mano nessuna vincita e così ne cercavo un’altra, finché un bel giorno ho scoperto che si poteva giocare anche via internet.
Che figata! Bastava creare un account sul sito di Lottomatica, scaricare una app o giocare direttamente dal sito collegato alla carta di credito e si può giocare senza problemi di controllare le vincite ad una ad una perché c’è una verifica automatica. Così ho scoperto anche tanti altri giochi tipo le slot machine, il poker, il bingo e molti altri tipi di passatempo con i nomi più svariati e fantasiosi. Si può giocare anche senza aspettare le fatidiche serate dell’estrazione dei numeri del lotto perché esistono anche estrazioni istantanee.
Certo che Lottomatica le ha pensate proprio tutte per agevolare le giocate! Puoi giocare con il cellulare, con il computer in ufficio, con il tablet tutto collegato in tempo reale.
Alla sera, quando ritorno a casa dal lavoro, ho bisogno di rilassarmi e quello del gioco online è diventato il mio passatempo preferito. A volte mi preparo qualcosa di veloce per cena o riscaldo qualcosa di pronto e poi accendo il tablet, mi sdraio sul divano e gioco per ore, spesso ben oltre la mezzanotte, finché non raggiungo la stanchezza giusta per andare a dormire. Talvolta l’eccitazione del gioco mi fa l’effetto contrario ed allora mi prendo una pastiglia di Stilnox, vado avanti ancora una decina di minuti sotto l’iniziale effetto ipnotico del farmaco e poi mi butto a letto in attesa del sonno profondo.
Ho anche vinto qualche volta, cifre di poco conto e anche cifre discrete che mi lasciano ben sperare che si può sicuramente vincere di più, ci vuole solo il colpo di fortuna. La sestina di mia madre, eh sì, quella la gioco sempre come per continuare a coltivare la sua speranza. Ancora non ha dato frutti però ci vuole pazienza. Magari prima o poi lei dall’aldilà ci metterà una buona parola con chi di dovere. Insomma, mi piace pensare che la mia vita possa cambiare di punto in bianco, con una vincita inaspettata ma fortemente voluta, anche meritata. Mi sento libera di sperare, di sognare. Però lo faccio soprattutto perché mi piace l’idea di farcela e di immaginare la mamma che mi sorride felice.
Il piacere è il motore di ogni nostra azione, ognuno quando fa qualcosa di continuo lo fa mosso dal piacere che questa azione gli comporta. Banalmente chi fuma lo fa per il piacere di fumare, chi beve lo fa per il piacere di bere, chi mangia lo fa per il piacere di riempirsi. Anche chi si droga lo fa per puro piacere nonostante gli effetti collaterali siano effettivamente molto spiacevoli. Anche chi si butta da un ponte legato ad una fune elastica lo fa per un piacere molto particolare, ma pur sempre un piacere.
Nessuno è colpevole per ciò che gli piace fare, siamo tutti soggetti agli effetti degli ormoni, in particolare dalla dopamina quando entra nel Nucleus Accumbens, una minuscola parte molto determinante del nostro cervello. Anche la persona che si sente più libera di scegliere è strettamente legata a questo meccanismo neuro-chimico. È scientificamente provato, siamo schiavi degli ormoni!
Quando sono immersa nelle mie giocate mi sembra di mettere i panni di mia nonna che scommetteva ai cavalli o di mia madre che compilava migliaia di schedine con algoritmi tutti suoi. Spesso mi gioco i numeri estraendoli dalla sacca della tombola, quella che usavamo a Natale per passare il pomeriggio con i nonni dopo il lauto pranzo. È un po’ come tornare indietro nel tempo, ripescare quelle ore in compagnia della nonna e della mamma, quei bei ricordi pieni di leggera melanconia.
Gioco volentieri quando piove perché non mi piace uscire, a dire il vero anche quando non piove. Se esco a cena con le amiche non vedo l’ora di rientrare per mettermi comoda e giocare. Delle volte trovo delle scuse, spesso banali, pur di restarmene a casa tranquilla con i miei numeri, come fossero i miei amici. Sto bene a casa mia a godermi la mia sfida contro la dea bendata sperando che un giorno si tolga la benda e mi riconosca come amica e che almeno mi risarcisca del denaro investito credendo in lei.
Il mio gioco di donna ora è quello di riuscire a stare sulla scacchiera della vita con piena razionalità. Però devo stare attenta a non sbagliare mai una mossa. So che nessuno mi perdonerebbe un errore, una svista, una debolezza.
Ogni tanto faccio quattro conti tra vincite e perdite, ovviamente è in vantaggio lo Stato e di molto anche, ma non per questo mi arrendo, anzi aumentando le giocate aumento la probabilità di vincere. Chi non gioca non vince di sicuro!
È bello il mondo delle scommesse online, è più tranquillo e sicuro di quello delle ricevitorie o delle sale attrezzate. Anche perché farmi scoprire casualmente da qualche collega o da qualche cliente a smanettare con una slot machine o a giocarmi un pacchetto di schedine non mi piacerebbe proprio. Invece nel segreto della rete non c’è nessun pericolo, la riservatezza è garantita e le vincite entrano automaticamente nel portafoglio online a disposizione per essere rigiocate. Ogni tanto mi gioco delle schedine già predisposte dal sito, a volte mi diverto a scegliere i numeri a caso e anche qualche sistema mescolando quelli di mia madre, quelli che a volte mi sogno, quelli che trovo nella mia rubrica telefonica o li estrapolo dall’elenco delle chiamate telefoniche che ricevo durante il lavoro. È un bel passatempo, ci si può mettere della fantasia, della scienza statistica, della matematica, anche una mera sequenza di numeri primi, a volte anche la successione di Fibonacci riadattata a modo mio per far rientrare i numeri nella serie da uno a novanta, qualsiasi cosa va bene per un gioco così facile. I numeri contengono sempre un fascino particolare per gli appassionati di matematica e anche di materie esoteriche. Non ricordo bene chi, ma qualcuno una volta mi ha detto che nella sequenza infinita dei decimali del pi greco ci sono tutte le combinazioni possibili ed immaginabili, tutti i nostri numeri segreti, i nostri pin, le nostre date importanti e quindi ci saranno di sicuro anche le serie vincenti delle estrazioni. Ci sarebbe molto da dire anche sulla pseudo-scienza dei numeri che escono più frequentemente e quelli che non escono quasi mai. Sul sito ci sono tutti in ordine di grandezza.
Quando vedo la sestina vincente del Superenalotto ci trovo sempre una relazione tra i numeri che la compongono, come se ci fosse una sorta di filo che li unisce, un legame invisibile ma decifrabile con un ragionamento a volte nemmeno tanto difficile, che ti viene da dire: ma come ho fatto a non pensare ad una sestina così facile!. Ad esempio, tempo fa è uscita la seguente sestina: 1 13 27 31 58 72. Più facile di così si muore! L’1 è il primo numero giocabile, anche quando si conta si parte da uno. Il 13 è il classico numero porta fortuna o sfortuna dipende dalle situazioni o dalle credenze varie. Il 27 è il 13 per 2 più 1, quindi il doppio del secondo più il primo. Il 31 è il 13 scritto invertendo le cifre. Il 58 è la somma dei due precedenti ed il 72 ancora l’inverso del 27. Nelle sestine del Superenalotto ci sono sempre questi tipi di chiave di lettura che, ovviamente, si capiscono meglio solo dopo. Come un codice segreto per decifrare un messaggio criptato, ogni volta diverso ma sempre cerebrale, intelligente perché ideato da una entità intelligente che ti sfida a scoprirlo e metterlo a frutto per accaparrarti il milionario ammontare della vincita o jackpot che talvolta supera di gran lunga i cento milioni di euro, cifra che farebbe comodo a chiunque per voltare pagina definitivamente.
Così vado avanti per mesi a giocare combinazioni varie di numeri magici che seguono sempre una linea immaginaria come in una sorta di vortice, una sorta di Nirvana di numeri sognati da ricordare appena svegli. Prima o poi deve arrivare il fatidico giorno del colpo grosso anche perché comincio avere problemi di liquidità.
Passano i giorni lentamente ma inesorabilmente ed ogni tanto, tra un sorso di buon vino rosso ed una boccata di fumo, mi viene in mente mio fratello, quando da piccoli mi colpiva a tradimento con una sberla sulla testa e poi scappava per farsi rincorrere, sicuro di non essere preso visto il vantaggio che si prendeva con l’effetto sorpresa. Quante volte mi faceva questo tipo di dispetto, ma quando riuscivo a prenderlo gliene mollavo tante da farmi male alle mani e lui più sberle prendeva più rideva, e più rideva più gliene davo. Maledetto bastardo! Non sono mai riuscita a farlo piangere, penso fosse veramente un masochista puro.
Spero solo che questa brutta esperienza di spaccio gli insegni qualche cosa di buono e che non si abitui a prendere sberle dalla vita rispondendo con sarcastiche risatine. È molto che non lo sento, presa dal gioco che è diventato una vera e propria abitudine quotidiana come quella di mangiare o dormire. Mi sono anche giocata al Lotto i numeri della data e ora del suo arresto, ma finora non sono mai usciti, non mi hanno fatto vincere nemmeno un centesimo, anche se me li sono giocati tre volte di fila, come vuole l’usanza per attirare la fortuna. Forse giocarsi i numeri delle disgrazie altrui non porta bene, ci sarà una sorta di etica anche in questo ambito.
È vero che non chiamarlo per mesi è stata la punizione che gli ho inflitto per quello che ha fatto, però mi sono sempre tenuta informata tramite i suoi legali, che sono anche colleghi miei che hanno lo studio nello stesso palazzo storico in centro dove lavoro io.
Infatti so che Paolo a breve uscirà dal carcere, grazie alle attenuanti comuni ed una linea difensiva da dieci e lode, e sconterà il resto della pena ai domiciliari. Questo sì che è un terno al Lotto! Mi sto preparando al nostro incontro dopo un lungo silenzio punitivo, sto pensando a come presentarmi da lui. Avrei molte cose da dirgli, forse lo aggiornerò sulle scoperte che ho fatto rovistando nella cassapanca, forse gli parlerò della mia passione del gioco online, forse non gli dirò niente. Ho una mezza idea che potrebbe andare bene, ma prima mi gioco i numeri di una Regina che da stasera non c’è più. Riposi in pace.
Ho deciso! Mi presento a casa sua con tre doni come i re Magi: una bottiglia di buon Sangiovese, un chilo di arance di Sicilia e la mia scacchiera.
Ciao Paolo, come stai? Le arance te le ho portate per usanza e perché so che ti piacciono molto. Se vuoi ci apriamo la bottiglia e passiamo qualche ora insieme da bravi gemelli.
Intanto preparo la scacchiera, posiziono ordinatamente tutti i pezzi e poi mi siedo dalla parte dei bianchi e, come lui ben sa, muovo il pedone di donna, ma questa volta di un solo passo.
Scritto da Giovanni Mainenti