Tre aggiornamenti sul disturbo da gioco d’azzardo patologico
Per il numero di gennaio di Addictus Magazine mi è venuta voglia di cercare qualche novità tra gli studi sulla dipendenza da azzardo, e così mi sono messo su PubMed a leggere gli abstract delle pubblicazioni più recenti. PubMed non mi ha tradito e ho trovato tre cose interessanti da condividere con i miei venticinque lettori (ma forse è una stima troppo in eccesso).
MA COSA PENSANO LE DONNE?
Non si tratta di un film commedia un po’ sessista, bensì di recente articolo di un gruppo di ricerca norvegese, delle università di Oslo e Bergen, che si è preso la briga di provare a valutare come la pensano le donne in merito a relazioni a breve o a lungo termine con uomini affetti da vari tipi di dipendenze patologiche.
L’idea è piuttosto originale ed in effetti nella bibliografia citata non mi sembra che ci sia nessuno studio precedente in merito; posso testimoniare invece che la tematica è stata spesso tirata fuori nelle riunioni d’équipe nei SerD dove ho lavorato, dandosi spiegazioni tra l’esperienziale, l’evoluzionistico e il gossip.
Comunque, per gli interessati il lavoro originale, leggibile liberamente come tutti quelli che finora ho suggerito nella mia rubrica, è questo:
Chegeni, R., Sagoe, D., Syvertsen, A., Erevik, E. K., Haghish, E. F., & Pallesen, S. (2024). Some for a Good Time, Some for a Long Time: Women’s Ratings of the Mate Value of Men with Different Addictions – An Experimental Study. Substance Use & Misuse, 59(14), 2137–2143. https://doi.org/10.1080/10826084.2024.2403107
L’esperimento consisteva nel chiedere a 2525 donne eterosessuali in età fertile (dai 18 ai 40) quanto fosse attraente Mark per una relazione breve o di lunga durata, dopo aver presentato loro la seguente storiella:
“Mark si sveglia nel suo appartamento e si prepara la colazione. Si veste e va al lavoro. Ha un lavoro ben retribuito come contabile di spicco, che gli è stato offerto dopo aver ottenuto ottimi voti al master in economia di una prestigiosa università. Mark è popolare e gode della fiducia dei suoi colleghi. Al lavoro nota che uno dei suoi colleghi sembra in difficoltà, così decide di trascorrere la pausa pranzo ascoltando il problema del collega e cercando di aiutarlo. Dopo il lavoro, va in palestra. Come al solito, nota gli sguardi di ammirazione di un paio di donne che lo vedono alto, in forma e bello. Dopo l’allenamento, si fa una doccia e poi esce per andare all’appuntamento con il suo medico di base.
Sulla base del consulto della scorsa settimana, il medico ha (a. indirizzato il paziente a un trattamento per il suo problema con il gioco d’azzardo, b. indirizzato il paziente a un trattamento per il suo problema con i videogiochi, c. indirizzato il paziente a un trattamento per il suo problema con l’alcol, d. indirizzato il paziente a un trattamento per il suo problema con la cannabis, e. indirizzato il paziente a un trattamento per il suo problema con l’uso di steroidi anabolizzanti, f. concluso, sulla base delle analisi del sangue, che è sano).
Mark viene invitato a cena a casa della sorella. Non vede l’ora di vedere suo nipote e di passare del tempo con lui. Aiuta anche la sorella a mettere a letto il figlio e a pulire. Dopo che il figlio si è addormentato, la sorella di Mark gli chiede un consiglio su una questione delicata. Lei preferisce chiedere consiglio a Mark perché sa che può fidarsi di lui e che, a differenza dei loro genitori, non si fa prendere dall’emotività.”
Un bel fusto quindi, ben piazzato anche economicamente, affettuoso e benvoluto, però con una di cinque condizioni patologiche (dipendenza da azzardo, videogiochi, alcol, cannabis, anabolizzanti) o sano. Niente cocaina o oppioidi, forse perché pensati troppo compromettenti dagli sperimentatori.
Cosa ne è venuto fuori?
Come prevedibile, per le relazioni a lungo termine le signore interpellate preferivano il maschio sano. Tra quelli con dipendenze, i migliori piazzamenti erano per il Mark con dipendenza da videogiochi e il Mark con dipendenza da steroidi anabolizzanti, senza differenza statisticamente significativa tra le due situazioni. Cannabis alcol e azzardo erano le situazioni meno attraenti, con una lievissima non significativa preferenza per la cannabis.
La sorpresa invece vien fuori nelle opinioni espresse per la relazione disimpegnata a breve scadenza. Sorprendentemente, il Mark con disturbo da azzardo era un pochino, ma significativamente, preferito al Mark sano! E il Mark con dipendenza da videogiochi anche lui godeva di una preferenza rispetto al sano, di poco senza raggiungere una significatività statistica.
Per gli Autori, testualmente: “ironia della sorte, essere gentili, calorosi e affidabili non è la priorità delle donne per una relazione a breve termine. Al contrario, le donne preferiscono l’impulsività, la dominanza, l’assunzione di rischi, la ricerca di sensazioni e di emozioni, caratteristiche che definiscono i giocatori d’azzardo e che sono tutti tratti androgeno-dipendenti apprezzati per l’accoppiamento a breve termine”. Le altre considerazioni in discussione sono molto interessanti, e rimando i curiosi alla lettura dell’articolo completo.
L’idea che scaturisce comunque è che l’azzardo possa essere un tratto evolutivamente favorevole in funzione della riproduzione. Certo essendo finora l’unico studio su questo argomento, sarebbero senz’altro necessarie ripetizioni e conferme; ma per adesso, possiamo prendere in considerazione quest’idea e giocarci un poco.
(A fine giornata, quando ho raccontato questa storia alle mie tre colleghe del SerT, loro mi hanno preso in giro dicendo che era ovvio, e che per farsi un giro il giocatore sicuramente sarebbe stato senz’altro più divertente, e che io non capivo le donne. Potrebbe essere vero. Comunque questo dimostra che il mio campione siciliano con N=3 è in ottimo accordo con il campione norvegese con N=2525).
AZZARDO E RIDUZIONE DEL DANNO
Appurato che l’azzardo potrebbe avere un qualche vantaggio biologico e riproduttivo, e che quindi forse non ce lo toglieremo di mezzo troppo facilmente, resta aperta la questione di come minimizzarne l’impatto negativo, curarlo o ridurne il danno. E inizierei con la riduzione del danno, una tematica complessa e utile nei grandi numeri.
Ci aiuta a capire qualcosa un’altra pubblicazione di libera lettura:
Riley, B. J., Oakes, J., & Lawn, S. (2024). Gambling Harm-Minimisation Tools and Their Impact on Gambling Behaviour: A Review of the Empirical Evidence. International Journal of Environmental Research and Public Health, 21(8), 998. https://doi.org/10.3390/ijerph21080998
Si tratta, secondo gli Autori di “una sintesi narrativa degli studi empirici per identificare le lacune, le debolezze e i punti di forza delle prove esistenti sull’efficacia degli strumenti di minimizzazione del danno disponibili per le persone che giocano d’azzardo”.
Quali sono quindi gli strumenti di riduzione del danno nell’azzardo? Gli Autori li dividono così:
- Strumenti attivi
- Limitazione volontaria (darsi un limite sul denaro impegnato nel gioco)
- Esclusione dal gioco (richiesta dalla persona o da un familiare o simili)
- Feedback attivo (decidere di ricevere messaggi con una certa periodicità su quanto si è giocato rispetto a quanto si era prestabilito di giocare)
- Strumenti passivi
- Messaggi pop-up (avvisi generici, non richiesti, sul gioco responsabile)
- Interruzioni forzate del gioco (in modo da interrompere il “flusso” e dare il tempo di riflettere)
- Rallentamento del gioco (anche qui in maniera da ostacolare in parte la trance da gioco)
- Feedback passivo (informazioni non richieste su quanto si è giocato)
Molti studi tra quelli da cui sono stati tratti i dati sono stati effettuati in ambiente sperimentale, ovviamente, e quello che avviene nell’ambiente naturalistico delle sale gioco, dei casinò, o sul proprio cellulare non necessariamente corrisponderà a quanto ricavato dai dati.
Comunque si osserva che nessuna delle modalità proposte sia particolarmente soddisfacente.
L’esclusione dal gioco, che è la modalità più studiata, è richiesta di rado, a volte è ignorata volontariamente o per distrazione da chi “tiene il banco”, e non ci sono dati a lungo termine.
Anche sulla limitazione volontaria, molto pubblicizzata soprattutto dai casinò online, non ci sono dati a lungo termine. Quanto al feedback attivo, sembra che comunque sia una misura richiesta da giocatori già comunque a basso rischio, e che giocano poco: c’è da capire quindi come si possa aiutare quelli ad alto rischio ad accettare di essere periodicamente interrotti e informati sulle loro perdite. Però, informare il giocatore patologico delle sue perdite può avere la conseguenza paradossa (paradossa fino a un certo punto se conosciamo la patologia in questione) di spingerlo a giocare ancora di più rincorrendo l’illusione di recuperare la perdita.
Quanto ai messaggi sul gioco responsabile, anche questi con esiti non del tutto chiari, sembra che possa essere utile somministrarli fuori dalle situazioni di gioco, poiché in alcuni casi durante il gioco viene inibito il pensiero critico ed i messaggi risultano scarsamente recepiti.
Le considerazioni finali degli Autori affrontano poi il conflitto di interesse dei gestori del gioco, riportando come le misure di riduzione del danno se messe in atto solo dai gestori risulteranno scarsamente efficaci, proprio perché il gestore ha interesse nel massimizzare i propri profitti, anche se il gestore anziché essere un privato è un soggetto pubblico o addirittura il Governo. In questo caso, le misure di riduzione del danno andrebbero imposte da agenzie esterne che non hanno un interesse diretto nel tornaconto economico del gioco (ma aggiungerei io, ciò apre altri problemi su chi controlla i controllori, e da qui in avanti meglio che ci fermiamo nelle nostre considerazioni).
LA TERAPIA FARMACOLOGICA
Dopo tutte queste complicazioni, rientriamo nell’ambito della terapia.
Il caposaldo dell’intervento nel disturbo da gioco d’azzardo è la psicoterapia, con tutte le aggiunte e varianti che vi ruotano attorno (intervento residenziale o semiresidenziale, gruppi di auto-mutuo-aiuto e altri interventi di gruppo etc.). La terapia farmacologica è generalmente un intervento di seconda istanza in casi più complessi o resistenti, e viene utilizzata off-label dato che ad oggi nessun farmaco è stato autorizzato per questa indicazione.
La metanalisi in tema più recente, liberamente accessibile, è:
Ioannidis, K., Del Giovane, C., Tzagarakis, C., Solly, J. E., Westwood, S. J., Parlatini, V., Bowden-Jones, H., Grant, J. E., Cortese, S., & Chamberlain, S. R. (2024). Pharmacological management of gambling disorder: A systematic review and network meta-analysis. Comprehensive Psychiatry, 137, 152566. https://doi.org/10.1016/j.comppsych.2024.152566
Dall’esame dei 22 studi selezionati dagli Autori, vien fuori che ad oggi le evidenze di efficacia, sia in termini di remissione del disturbo che di qualità della vita, favoriscono i farmaci antagonisti dei recettori oppioidi, come il nalmefene ed il naltrexone, già dotati di indicazione formale in altre dipendenze (alcol, oppioidi) nonché spesso utilizzati con successo in altre dipendenze comportamentali o da sostanze. Il problema che si evidenzia con questo farmaci efficaci è che a volte sono mal tollerati, e il trattamento finisce per essere interrotto (nell’esperienza dello scrivente, questo spesso avviene in casi di un pregresso disturbo da uso di oppioidi, anche a distanza di molti anni dalla remissione; probabilmente si dovrebbero ricercare strategie di induzione più caute, con lento raggiungimento delle dosi efficaci, o altri stratagemmi per ridurre gli effetti indesiderati).
Altri farmaci come topiramato, antidepressivi e olanzapina non hanno mostrato effetti migliori del placebo. Il topiramato, però, secondo gli Autori meriterebbe ulteriori approfondimenti, per la sua attività in varie dipendenze e perché gli effetti osservati pur non raggiungendo la significatività statistica rimarrebbero comunque interessanti.